«Per creare dunque questo sistema, con tutti i suoi movimenti, si richiedeva una causa che compresse e commisurasse nello stesso tempo le quantità di materia presenti nei diversi corpi del Sole e dei pianeti, e le forze gravitazioni che ne risultano, le diverse distanze dei pianeti primari dal Sole, e di quelli secondari da Saturno, da Giove e dalla Terra, e le velocità con cui questi pianeti potevano ruotare intorno a quelle quantità di materia presenti nei corpi centrali; e per comparare e commisurare tutte queste cose insieme in una così grande varietà di corpi, è necessaria non una causa cieca e fortuita, ma molto ben versata in meccanica e geometria».
Isaac Newton a Richard Bentley, 10 dicembre 1692, tr. it da The Correspondence of Isaac Newton, ed. by H.W. Turnbull, 7 voll., Cambridge University Press, Cambridge 1959-77, vol. 3, p. 235.
«È inconcepibile che l’inanimata, bruta materia, senza la mediazione di qualcos’altro che non sia materiale, debba operare e influire su dell’altra materia senza contatto reciproco, come dovrebbe essere se la gravitazione, nel senso di Epicuro, fosse essenziale e inerente a essa. E questa è la ragione del perché desideravo che voi non attribuiste a me la gravità innata. Che la gravità debba essere innata, inerente ed essenziale alla materia, in modo tale che un corpo possa agire su un altro a distanza attraverso un vuoto, senza la mediazione di nient’altro, per il tramite del quale la loro azione e forza possano essere trasmesse dall’uno all’altro, è per me un’assurdità così enorme da non credere che un uomo dotato di un’adeguata facoltà di giudizio nelle questioni filosofiche possa mai cadervi. La gravità deve essere causata da un agente che opera costantemente in accordo a certe leggi, ma se questo agente sia materiale o immateriale l’ho lasciato alla valutazione dei miei lettori».
Isaac Newton a Richard Bentley, 25 febbraio 1693, tr. it da The Correspondence of Isaac Newton, ed. by H.W. Turnbull, 7 voll., Cambridge University Press, Cambridge 1959-77, vol. 3, pp. 253-254.
«Questa elegantissima compagine del Sole, dei pianeti e delle comete non poté nascere senza il disegno e la potenza di un ente intelligente e potente. E se le stelle fisse sono centri di analoghi sistemi, tutti questi, essendo costruiti con un identico disegno, saranno soggetti alla potenza dell’Uno: soprattutto in quanto la luce delle stelle fisse è della stessa natura della luce del Sole, e tutti i sistemi inviano la luce verso tutti gli altri. E affinché i sistemi delle stelle fisse non cadano, a causa della gravità, vicendevolmente l’uno sull’altro, questo stesso pose una distanza immensa fra di loro».
«Scolio Generale», nella seconda edizione dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1713), tr. it. da Principi matematici della filosofia naturale, a cura di A. Pala, UTET, Torino 1965, pp. 792-793.
«Ora, con l’aiuto di questi princìpi [attivi], tutte le cose materiali sembrano essere state composte dalle suddette particelle dure e solide, variamente associate durante la prima creazione dalla volontà di un Agente dotato di intelligenza. Infatti, spettò a colui che le creò disporle in ordine. E se questo avvenne, non è da filosofi cercare di trovare una qualunque altra origine del mondo o pretendere che esso sia potuto nascere da caos per effetto di semplici leggi naturali; sebbene, una volta formato, possa durare per molti secoli in virtù di tali leggi. Infatti, mentre le comete si muovono in orbite molto eccentriche in tutte le direzioni, il cieco fato non potrebbe mai far muovere tutti i pianeti nella stessa direzione in orbite concentriche, eccettuate alcune irregolarità poco rilevanti, che potrebbero derivare dalla mutua attrazione che le comete e i pianeti esercitano le une sugli altri, e che tenderanno ad aumentare finché questo sistema avrà bisogno di una riforma. Tale meravigliosa uniformità del sistema planetario deve esser considerata il risultato di una scelta. Ed è così anche per l’uniformità che è nel corpo degli animali […]. Anche il primo progetto di quelle parti degli animali, fatte con molta arte, […], gli altri organi di senso e di moto, gli istinti nelle bestie e negli insetti, non può essere che la conseguenza della sapienza e dell’abilità di un Agente potente ed eterno che essendo in ogni luogo, è in grado di muovere con la sua volontà i corpi nel suo infinito e uniforme sensorio, e perciò fare e rifare le parti dell’universo molto più di quanto non possiamo noi, con la nostra volontà, muovere le parti del nostro corpo. Tuttavia non dobbiamo considerare il mondo come corpo di Dio, né le diverse parti di esso come parti di Dio».
«Query 31», edizione latina dell’Opticks, 1706, tr. it. da I. Newton, Scritti di ottica, a cura di A. Pala, UTET, Torino 1978, pp. 602-603.
«[Secondo Newton e i suoi seguaci], Dio ha bisogno di ricaricare di quando in quando il suo orologio, altrimenti cesserebbe di funzionare; non è stato abbastanza previdente da dargli un movimento perpetuo. La macchina di Dio è anzi, secondo loro, talmente imperfetta da costringerlo di quando in quando a rimetterla in ordine con un intervento straordinario e, addirittura, a ripararla: come fa con la sua opera un orologiaio, che sarà un artigiano tanto peggiore quanto più sovente sarà costretto a ritoccarla e correggerla. Secondo la mia idea, invece, la stessa forza ed energia vi sussistono sempre… Giudicarne diversamente, sarebbe tenere in scarsissima considerazione la saggezza e la potenza divine».
G.W. Leibniz a Caroline von Ansbach, principessa del Galles, novembre 1715, da G.W. Leibniz, Scritti filosofici, a cura di M. Mugnai ed E. Pasini, 3 voll., UTET, Torino 2000, vol. 3, p. 487.