Credere e sapere: fede, tradizione e fiducia
nell’attività dell’uomo di scienza
Roma, 25-26 maggio 2013
Centro Convegni Bonus Pastor (via Aurelia, 208 - 00165 Roma)
“Credere e sapere: fede, tradizione e fiducia nell’attività dell’uomo di scienza”: su questo tema il 25 e il 26 maggio, a conclusione dell’anno accademico, si è svolto il VI° Workshop del DISF Working Group. Il Workshop è stato l’ultimo incontro previsto dal triennio del Seminario Permanente dedicato a “Cultura tecnico-scientifica e domanda su Dio”, e si è svolto in ideale continuità con gli spunti e le suggestioni offerti dall’Anno della Fede, inaugurato da Papa Benedetto XVI l’11 ottobre 2012.
L’incontro si è articolato lungo due giornate in cui gli iscritti al Working Group, che dal prossimo 1° ottobre si trasformerà nella Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (SISRI), sono intervenuti con comunicazioni proprie, su temi riguardanti il rapporto tra fede, fiducia e pensiero scientifico. I giovani partecipanti, in un quadro amichevole quanto professionale, hanno potuto arricchire la propria prospettiva disciplinare confrontandosi e ampliando la conoscenza di tematiche filosofiche, scientifiche e teologiche con cui si raffrontano poi nello svolgimento della loro professione.
Hanno preso parte alla due giorni di lavori circa cinquanta giovani studenti e ricercatori provenienti da tutta Italia. Due di questi ci seguono anche dall’estero: Nuno Castel Branco, studente di Fisica del Politecnico di Lisbona e Daniel Saudek che sta svolgendo un dottorato in Filosofia presso l’Institute of Christian Philosophy di Innsbruck, Austria, sul tema “Christian Eschatology and the Future of the Universe”. Nuno ha presentato una comunicazione dal titolo “How the Catholic Faith and Traditions model the Scientic
Knowledge” con la quale ha voluto far riflettere i presenti sul fatto che, non solo la conoscenza scientifica esercita il suo influsso sul lavoro teologico, ma anche il lavoro scientifico può ricevere luci e orientamenti da alcune manifestazioni della tradizione o della fede religiosa. Uno degli esempi forniti in questo senso è stato il ritrovamento della tomba di San Pietro sotto l'altare maggiore dell'omonima Basilica.
Si è così discusso sul rapporto che il ricercatore, lo scienziato, così come il filosofo, hanno con la fiducia, la tradizione e la fede, quali snodi necessari del loro stesso fare ricerca. In questo contesto si sono svolte anche le lezioni del prof. Roberto Timossi, filosofo e saggista, e del prof. Lino Conti, ordinario di Storia della Scienza, presso l’Università degli Studi di Perugia. Il prof. Timossi ha dato il via ai lavori tenendo una lezione di apertura del Workshop intitolata “La fede nella scienza: a cosa (e a chi) deve credere chi fa ricerca scientifica” che ha suscitato diverse riflessioni che si sono articolate attraverso gli interventi e le domande dei partecipanti.
Il sabato pomeriggio, invece, il prof. Lino Conti, ha tenuto una conferenza pubblica dal titolo “Generazione e creazione nella tradizione del pensiero scientifico e teologico”. Con questa lezione, a cui hanno partecipato anche professori e studiosi esterni al DISF Working Group, il prof. Conti ha illustrato, in una lunga e ben documentata carrellata di esempi scelti tra letteratura, astronomia, medicina e fisica, come la riflessione sulla natura o sul futuro della vita umana possa perdere di vista o, in alcuni casi l’abbia già perso, l’uomo e i principi etici fondanti della natura umana.
Poco prima della sua lezione, il prof. Conti ha consegnato il Premio DISF 2013 vinto dall’elaborato intitolato “Conoscenza personale e credenza: l’insegnamento di Michael Polanyi” realizzato da Miriam Savarese, dottoranda in Filosofia presso la Pontificia Università della Santa Croce. Il premio del Centro DISF, dell’importo di 1.000 euro, era rivolto agli iscritti al Working Group che avevano presentato elaborati inerenti il tema del Workshop. Gli elaborati e le comunicazioni pervenute hanno toccato anche temi quali: i concetti di aspettativa e di rischio nell’attività delle scienze, il rapporto fra dubbio e certezza nella dinamica della fede, i rapporti fra attività scientifica e la specifica visione del mondo e dell’uomo posseduta dal ricercatore o, infine, questioni inerenti la trasmissione e la comunicazione dei contenuti scientifici.
Altrettanto stimolanti e interessanti sono stati gli interventi che hanno abbracciato il mondo del diritto o dell’arte. Non sono mancate comunicazioni dedicate a presentare libri particolarmente significativi, come nel caso di Marco Crescenzi con “Distinguere per unire. I gradi del sapere: l’insegnamento di Jacques Maritain”. Marco Crescenzi ha scelto di presentare quest’opera fondamentale che esplora in modo organico il mondo del sapere, dalla Scienza alla Filosofia della natura, dalla Metafisica all’Esperienza mistica. Come ci ha spiegato l’autore: «In questo lavoro Maritain, utilizzando il “metodo” del realismo critico raggiunge una sintesi teoretica dell’universo variegato della conoscenza percorrendo un itinerario che si snoda attraverso le correnti principali del pensiero antico e moderno. La ricerca di Maritain affronta in modo rigoroso le tesi che si contrappongono alla sua visione come il positivismo, il neopositivismo logico, il materialismo storico dialettico, l’idealismo, la fenomenologia di tendenza husserliano-idealista –per questo Distinguere per unire. I gradi del sapere– è un’opera essenziale della storia del pensiero umano, indispensabile per coloro che vogliono raggiungere una sintesi rigorosa tra le varie forme di conoscenza e pervenire ad una matura Unità del sapere».
L’elaborato premiato di Miriam Savarese ha presentato l’epistemologo Polanyi, del quale l’autrice ha voluto mettere in luce il contributo dato alla comprensione delle dimensioni personali della conoscenza scientifica, legate all’azione individuale e al contesto umano del ricercatore. Partendo da queste premesse Miriamo Savarese ha affermato: «Polanyi, mostrando che l’uomo è tutt’altro che inutile o dannoso per la conoscenza, si inserisce, sia pur con le dovute differenze, in quelle correnti filosofiche, come la Scolastica in età medioevale o in Grecia antica Aristotele, che riconoscono l’unità complessa dell’essere umano. Di fronte allo strapotere della tecnica, alla marginalizzazione e al rischio di criminalizzazione dell’essere umano, egli ci mostra che, se l’uomo si facesse da parte, andremmo inevitabilmente incontro al fallimento dell’impresa scientifica ed anche a nuove forme di totalitarismo».
Di altra natura, invece, l’intervento di Francesca Telesio, dottoranda in Fisica dell’Università di Genova, dal titolo: “Il ruolo della fiducia nelle collaborazioni internazionali e nel sistema attuale di pubblicazione di articoli accademici in ambito scientifico”. Con la sua presentazione la dottoranda ha voluto focalizzare il ruolo della fiducia in due ambiti propri della prassi di lavoro dello scienziato: le collaborazioni e il sistema editoriale delle riviste. Partendo dalla premessa secondo cui: «In un panorama sempre più globale e di fronte ad una sempre maggiore specializzazione dei saperi, ci si trova di fronte alla necessità di collaborare tra persone che, pur avendo ciascuna una formazione scientifica di alto livello, non hanno più le competenze necessarie, a causa della specializzazione, per correggere il lavoro altrui. La generale fiducia nella comunità e quella nei singoli autori, che si fonda essenzialmente sulla conoscenza tra persone, diretta o indiretta, e su numero e qualità delle pubblicazioni su riviste di tipo tradizionale, diventa quindi un elemento cruciale in base al quale si dà credito ad un articolo autopubblicato, sulla veridicità del quale non c'è alcun meccanismo di controllo.
La raccolta completa degli abstract delle comunicazioni presentate al Workshop |
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