«Vi prego poi di considerare che tutte le funzioni da me attribuite a questa macchina, digestione dei cibi, battito del cuore [...] recezione della luce, dei suoni [...] impressione delle loro idee nell'organo del senso comune e dell'immaginazione, ritenzione o impronta di tali idee nella memoria; movimenti interni degli appetiti e delle passioni; e infine movimenti esterni di tutte le membra [...] vi prego, dico, di considerare che tutte queste funzioni derivano naturalmente, in questa macchina, dalla sola disposizione dei suoi organi, né più né meno di come i movimenti di un orologio o di un altro automa derivano da quella dei contrappesi e delle ruote; sicché, per spiegarle, non occorre concepire nella macchina alcun'altra anima vegetativa o sensitiva, né altro principio di movimento e di vita oltre al suo sangue e ai suoi spiriti agitati dal calore del fuoco che brucia continuamente nel suo cuore, e che non è di natura diversa da tutti i fuochi che si trovano nei corpi inanimati».
L'homme, AT, XI, pp.201-202.
«[... ] tutti i movimenti che compiamo senza che la nostra volontà vi contribuisca (come spesso accade quando respiriamo, camminiamo, mangiamo e infine compiamo tutte le azioni che sono comuni a noi e agli animali) dipendono solo dalla conformazione delle nostre membra e dal corso che gli spiriti, eccitati dal calore del cuore, seguono naturalmente nel cervello, nei nervi e nei muscoli, proprio come il movimento di un orologio è prodotto dalla sola forza della sua carica e dalla figura dei suoi ingranaggi».
Le passioni dell’anima, parte I, art. XVI, (Opere 1637 – 1649, pp. 2349-2351)
«Tuttavia non volevo inferire da tutte queste cose che questo mondo sia stato creato nel modo che proponevo; infatti è ben più verosimile che, dall’inizio, Dio l’abbia fatto come doveva essere. Ma è certo, ed opinione in genere accolta tra i teologi, che l’azione mediante la quale ora lo conserva è del tutto identica a quella mediante la quale lo ha creato. Di modo che, sebbene Dio non abbia dato al mondo, all’inizio, altra forma che quella del caos, purché, dopo avervi stabilito le leggi della natura, egli le abbia prestato il suo concorso, perché agisse come essa fa abitualmente, si può credere, senza far torto al miracolo della creazione, che, per ciò solo, tutte le cose che sono puramente materiali avrebbero potuto, col tempo, divenire come le vediamo oggi».
Discorso sul metodo (1637), parte V, AT VI 55, da R. Descartes, Opere (1637-1649), a cura di G. Belgioso, Bompiani, Milano 20122, p. 77.
«È cosa altrettanto degna di nota il fatto che, anche se vi sono diversi animali che testimoniano una maggiore industriosità di noi in alcune delle loro azioni, si vede tuttavia che gli stessi animali non ne mostrano affatto in molte altre: sicché quanto fanno meglio di noi non prova che esse possiedano una mente (a tal titolo, infatti, essi ne avrebbero più di tutti noi e farebbero meglio in ogni cosa). Ciò mostra piuttosto che non ne posseggono affatto e che è la natura che agisce in loro, a seconda della disposizione dei loro organi, allo stesso modo in cui si vede che un orologio, composto solo da ruote e molle, può contare le ore e misurare il tempo con precisione maggiore di noi con tutta la nostra prudenza».
Discorso sul metodo, parte V, AT VI 58-59, da R. Descartes, Opere (1637-1649), a cura di G. Belgioso, Bompiani, Milano 20122, p. 93.